
Dopo il precedente articolo sulle Piccole Dolomiti è giunto il momento di entrare nel dettaglio, di scoprire ancora di più queste affascinanti e “sconosciute” zone di montagna accompagnati da Stefano Erle (Guida Ambientale Escursionistica) con “Piccole Dolomiti Feel”.
Catapultarsi direttamente tra le guglie di questi monti, però, non rende né onore né giustizia, non solo a queste montagne ma all’ambiente montano in sé.
Oggi è facile prendere l’auto, arrivare a 1500-1600 metri, a volte anche a 2000, compiere un minimo sforzo per immortalare qualcosa di affascinante, anzi, si può fare ancora più in fretta e dal divano di casa con un paio di click si hanno sul proprio cellulare immagini e dettagli di quello che si sarebbe potuto vedere se solo avessimo avuto la voglia e la preparazione per raggiungerlo e poi gustarselo con i propri occhi.

E’ per questo che, a volte, alle persone che accompagno chiedo un piccolo sforzo, un gioco di inventiva nel quale ci si immedesima in una persona qualsiasi vissuta tra il 1800 e il 1900 quando ancora tutto ciò che potevi vedere lo vedevi perché c’eri stato, ma non solo, c’eri stato camminando o a passo di carro: lentamente.
E’ così che la Regina Margherita è arrivata nelle allora celebri terme Recoaresi, scoprendo un ambiente inaspettato.
La formazione delle vallate e la Conca di Smeraldo
Queste vallate prealpine che guardano a sud, sono state principalmente modellate, oltre che dall’ultima era glaciale, dall’erosione dell’acqua il cui lavoro si fa più intenso ed importante mano a mano che si “scende”. Ecco quindi che le dorsali alla testa della vallata sono alte e vicine, con uno o due passi di montagna a scollinare dal lato opposto e si fanno più basse e lontane avvicinandosi alla pianura.
E’ questo che si poteva vedere percorrendo a ritroso il corso di un torrente, come l’Agno; ma quando ci si aspetta la chiusura della vallata il carattere selvaggio e severo di questo mondo si fonde con l’armoniosità e una bellezza testimoniate dalla nostra Regina, coniando un nome che ne rende giustizia in tutto e per tutto: la Conca di Smeraldo.
Alle porte di Recoaro la vallata raggiunge la minima distanza tra la sinistra e destra orografica ma una svolta decisa ti lascia a bocca aperta: un anfiteatro di 8 chilometri da vertice a vertice (per onor di oggettività: da Cima Marana 1557 m che sta alla testa della dorsale Agno-Chiampo a Cima Campogrosso 1503 m che chiude la conca) nel quale gli spalti argentei della dolomia sovrastano una vegetazione lussureggiante e colorata che qui trova un clima ideale grazie all’esposizione dei venti caldi e umidi da sud che cozzano con le correnti limpide e fredde che scendono da nord.

In un ambiente così non possono mancare particolari endemismi, mentre le ortensie sembrano aver ritrovato il loro ambiente originario sfoggiando livree e crescite ragguardevoli. La conca non è un semplice semicerchio, al suo interno vi troviamo altipiani, paleofrane, forre, pareti, smottamenti, alberi secolari, cascate, sorgenti e un numero decisamente importante di passi, tutte caratteristiche che hanno condizionato la vita sociale e politica di Recoaro nel corso dei secoli.
Tuttavia per arrivare alla conca ci sono quasi 40 chilometri di vallata che ha il suo inizio dal comune di Montecchio Maggiore, proprio dai castelli di Giulietta e Romeo: un viaggio lungo una dorsale che merita di essere raccontato.
(continua)


