Cave del Predil è una località del tarvisiano nota per le omonime Cave del Predil.
Cave del Predil si trova a 900 m di altitudine nella Val del Rio del Lago, circondata dai monti Cinque Punte (1.909 m) a nord-est, Monte Re (1.912 m) a nord-ovest, Jôf del Lago a sud-ovest e Cima del Lago (2.195 m) a sud-est. Cave del Predil si trova a nord dello spartiacque alpino principale (che attraversa il Passo del Predil): di conseguenza appartiene al bacino del Danubio e quindi del Mar Nero.
In prossimità del paese si trova il Passo del Predil (1.165 m) che porta in Slovenia e il Lago del Predil, importante meta turistica della zona assieme ai Laghi di Fusine.
Le miniere di Cave del Predil
Cave del Predil deve la sua esistenza e il suo nome alle miniere di piombo e zinco del monte Re, che rimasero in attività fino al 1991, cave che hanno condizionato in modo pesante il paesaggio circostante: pare che già in epoca preromana (800 a.C.) fosse presente una attività estrattiva, mentre il primo documento storico che fa riferimento all’attività estrattiva risale al 1320 quando il duca Federico il Bello rilasciò la concessione estrattiva ad un gruppo di minatori del tarvisiano.
Il vescovo di Bamberga concesse ad Osvaldo Raibl nel 1456 il diritto di scavo del giacimento: per molti secoli la miniera venne gestita dalla famiglia Rechbach fino a che, nel 1759, Raibl entrò a far parte dei possedimenti degli Asburgo.
Nel 1890 venne realizzata la prima centrale idroelettrica che dava energia all’argano di estrazione del pozzo e il villaggio di Raibl fu tra i primi ad avere l’energia elettrica all’interno delle abitazioni.
Nel 1898 iniziò la costruzione della galleria di Bretto ora lunga 4.884 metri e inagurata nel 1905, avento lo scopo di facilitare il drenaggio delle acque ristagnanti nei livelli più profondi della miniera. La galleria inizia a 240 metri di profondità sotto al paese e sbocca presso Bretto, oggi Log pod Mangartom in Slovenia.
La tragedia del Predil
Le gallerie scavate dai minatori non si spinsero solo all’interno del Monte Re, ma anche sotto il paese, provocando, nel 1910, una tragedia: l’8 gennaio 1910 una parete si spaccò, facendo così penetrare nella miniera l’acqua proveniente dal lago sovrastante e facendo sprofondare, nelle ore successive, l’ospedale del paese, provocando la morte di sette persone a cui venne eretto un monumento in memoria della tragedia.
La galleria di Bretto
Nel 1917 la galleria mineraria fu trasformata in una linea ferroviaria che permetteva il passaggio di 170 tonnellate di materiale e di 600 soldati al giorno. I soldati austriaci arrivavano da un lato della montagna, qui a Cave del Predil (allora chiamato Raibl), e di qui, attraverso la galleria mineraria, arrivavano a Bretto.
Nelle settimane antecedenti la Battaglia di Caporetto gli austriaci vi fecero passare 270.000 militari con 22.000 treni.
Nel 1919, dopo gli eventi bellici e a seguito del trattato di Saint-Germain, i territori del tarvisiano passarono sotto l’amministrazione italiana e con essi anche miniera di Raibl che divenne proprietà dello Stato. In questo periodo la miniera venne data in gestione alla Società Anonima Miniere Cave del Predil, divenuta successivamente Raibl-Società Mineraria del Predil.
Iniziò un periodo florido per la miniera sotto la gestione di Bernardino Nogara, durante la quale venne costruita una teleferica per trasportare il minerale estratto alla stazione di Tarvisio.
Dopo la seconda guerra mondiale la galleria di Bretto divenne confine tra Jugoslavia e Italia e oggetto di aspri conflitti politici e burocratici tra i due Paesi, tanto da doverla chiudere con un cancello posto sulla linea di confine sotterranea, cancello che non risultò più necessario con l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen.
Nel 1953 iniziò un periodo di crisi dal quale la miniera non riuscì a riemergere. La cava, prima sotto la società Raibl, passò nel 1956 sotto la Società Mineraria Metallurgica di Pertusola e nel 1963 sotto l’Azienda Mineraria Metallurgica Italiana, gestita dallo Stato. Nel 1965 la Regione divenne proprietaria della miniera. Nel 1979 la gestione del giacimento di Cave fu delegata alla società Samim (gruppo Eni). Nonostante una animata protesta da parte dei minatori durata 17 giorni, il 30 giugno 1991 la miniera venne chiusa.
La chiusura della miniera segnò per il paese l’inizio di una profonda crisi occupazionale che portò ad un notevole calo demografico. Il numero di abitanti, che nel 1968 ammontava a 2100, è sceso oggi a circa 400.