Federica Leandri GAE

Alla scoperta del “Cadore dimenticato” (Veneto) con Federica Leandri

Non vedrete cime rinomate, né laghi alpini color anice. Non troverete negozi di costosi marchi di abbigliamento tecnico, né ristoranti eleganti, ma una bottega di biancheria gestita da una pittrice che vende ottime camice a quadri, qualche minuscolo negozio di alimentari, la mitica pizzeria Aquilotti, Il Fogher e il Pino Solitario, che già dal nome invitano a entrare anche sudati e con gli scarponi sporchi di fango. Voglio stupirvi c’è anche una piscina, gestita dall’inarrestabile Silvia Vecellio. Sì, come il grande Tiziano.

Siamo in Arvaglo, antico nome del Cadore Oltrepiave con i suoi paesi Vigo – e le frazioni Pelos, Laggio, Piniè – e Lorenzago.

Come arrivare

Penso che questi toponimi non siano molto familiari ai più, eppure questo angolo di Cadore si trova svoltando a destra dopo aver superato Ponte Nuovo (si chiamerà Oltrepiave per qualche motivo), a poche centinaia di metri dalla statale che, come una lunga fila di processionarie, conduce migliaia di turisti verso il lago di Sorapiss, Passo Tre Croci, Misurina e le Tre Cime di Lavaredo.

Devo ammettere che sono di parte perché, dopo averlo casualmente scoperto nel corso di un giro in moto, il mio compagno ha acquistato un appartamento a Vigo che io, senza pudore, occupo ogni volta che posso. A ogni viaggio verso l’Oltrepiave si compie un rituale, un peculiare e un po’ blasfemo rito di purificazione, passaggio obbligato per l’ingresso in un altro mondo. “Siamo a Domegge! Guarda gli Spalti (di Tóro)”.

È una sorta di segnale per far partire la musica di Aldo De Lotto & Band, che in cadorino canta storie struggenti, d’amore, di vita, di montagna, mentre percorriamo la trafficata SS51bis che, se da un lato ha agevolato la vita della gente del posto, dall’altro ha portato consistente inquinamento al meraviglioso Centro Cadore, di cui anche noi siamo consapevolmente e incoerentemente responsabili.

In realtà è ancor più bello arrivare in treno fino a Calalzo, attraversare il lago di Centro Cadore a Domegge e poi percorrere la strada che, partendo dal parcheggio in Località Navarre, giunge in poco più di 5 km a Lorenzago, transitabile solo a piedi o in bicicletta.

Lorenzago

Questo paese è stato un rinomato luogo di villeggiatura fin dalla fine dell’Ottocento, e si possono riconoscere le tracce degli antichi fasti nelle eleganti ville che sbucano qua e là tra abitazioni più tipicamente montane, conferendo all’insieme un aspetto “chic-vintage”. Forse solo “vintage”. No, di affascinante decadenza.

Se passate per Lorenzago non mancate di prendere un caffè all’Albergo Trieste, di fine ‘800, e visitare la sala da pranzo, dove vi aspettereste di veder entrare – da un momento all’altro – un’elegante signora della Belle Epoque. Sempre in quel periodo il facoltoso avvocato e politico milanese Giovanni Facheris fece costruire per le vacanze Villa Clarenza in località Pian delle Sembole (dove si dice abbia pernottato anche Carducci e che, per aver ospitato un reparto di partigiani venne bruciata dai tedeschi nel 1944), e poco distante Castello Mirabello, posto di comando del generale Cadorna nell’agosto 1917, e residenza estiva di papa Giovanni Paolo II e dei religiosi tanto ardenti nella preghiera e nel servizio quanto nella ricerca di porcini e finferli.

Lorenzago di Cadore
Lorenzago di Cadore

Cogliendo al balzo il collegamento religioso, un cenno merita la chiesa del paese, dedicata ai Santi Ermagora e Fortunato, protomartiri di Aquileia, il cui culto – antichissimo e particolarmente caro nel vicinissimo oriente – ci ricorda che il Friuli è davvero a due passi da qui. Una stanzetta dall’altro lato della strada ospita ogni estate il mercatino parrocchiale, che ti accoglie con un’aria aromatica di polvere e muffa (altro che dolcetti Madelaine, niente come quell’odore può farmi rivivere il momento in cui la mia defunta nonna Effa, arricciando il naso e tutte le rughe del viso, annusava l’aria e proclamava “sa da rumàtico!”).

Solo io potevo farmi regalare per il compleanno un indumento rinvenuto in una torrida estate tra i suoi scaffali, sepolto da chissà quanto sotto ai maglioni fatti a mano: un gilet doppio petto in lana cotta color senape, che durante sudate feste in abito tradizionale deve aver ospitato un busto femminile piuttosto importante, e sfamato fin troppe tarme. Se ve lo state chiedendo, certo che lo indosso!

Il Parco dei Sogni e la Forra del Romotoi

Parliamo di passeggiate ed escursioni. Nel centro del paese alcuni cartelli indicano la direzione per il Castello Mirabello e il Parco dei Sogni di Lorenzago, che condividono la parte iniziale del percorso.

Quella al Parco dei Sogni è una piacevole passeggiata in discesa su strada silvo-pastorale che, attraverso boschi di abete rosso e bianco e numerosi rivoli d’acqua, giunge fino al torrente Piova. Qui, in alcuni punti, affiora il basamento metamorfico su cui poggiano le nostre Dolomiti: perciò, se avete un debole per le filladi quarzifere dovete prolungare il cammino lungo il suo corso.

In prossimità del Piova un cartello indica la direzione per la Forra del Romotoi, splendido percorso attrezzato che i più avventurosi potranno utilizzare per risalire il torrente. Purtroppo, le forti piogge scaricano tronchi e detriti nella forra; quindi, è d’obbligo informarsi presso la sezione CAI di Vigo di Cadore in merito alla sua praticabilità.

Forra Romotoi

Il Castello Mirabello e la Regina del Bosco

Se poi proprio vi costringessero ad andare a messa, penso che al santuario all’aperto – situato a pochi metri dal castello Mirabello – potreste anche resistere: un altare in legno e tanti tronchi disposti ad anfiteatro come panche. Se non altro, un luogo ideale dove sedersi a riflettere sul perché l’uomo abbia bisogno di onorare una divinità, quando sarebbe opportuno iniziare finalmente a onorare la natura.

Poco distante, da qualche parte lungo il sentiero tra gli alberi che conduce a Val de Pena de Sora, si può incontrare la Regina del Bosco, un enorme esemplare di abete bianco che oggi dovrebbe avere quasi 300 anni (se sono esatte le stime fatte nel 1958 riportate in un vecchio libro sulla storia di Lorenzago).

Scrivo da qualche parte perché, dopo averlo cercato a lungo, mi ci sono imbattuta solo per caso durante un sopralluogo: il patriarca, per quanto recintato, non è indicato da alcuna tabella escursionistica, e ciò, a mio avviso, è meraviglioso. Immaginate di vagare tranquillamente nel bosco e trovarvi, improvvisamente, di fronte a un gigante vegetale che probabilmente ha assistito al declino e alla caduta della Serenissima, è sopravvissuto alla dominazione austriaca e ha resistito alla distruzione di due conflitti mondiali (nonché alle seghe delle Regole montane)!

Le zone umide: Valdepalù, Stizzinoi e Mezzarazzo

Di grande interesse naturalistico sono inoltre le fragili zone umide di Lorenzago, laghetti e torbiere che hanno disperatamente bisogno di tutela, rispetto e attenzione da parte delle autorità e dei rari escursionisti che inconsapevolmente ci camminano accanto.

Rare peculiarità botaniche, anfibi, sanguisughe e libellule trovano un habitat ideale in questi luoghi, così vulnerabili di fronte ai turbamenti causati dall’uomo, primo fra tutti il riscaldamento globale. Spesso le lacune delle autorità sono colmate da persone volenterose e appassionate: è il caso di Bruna e Loris, proprietari di una splendida casera a Mezzarazzo e paladini della difesa della torbiera con la sua popolazione di Drosera rotundifolia, una delle piccole e rare piante carnivore presenti nel sito.

Drosera rotundifoglia

Un consiglio bibliografico molto utile se volete avvicinarvi a questo tipo di ambiente montano è “Le libellule del Cadore” del naturalista Lorenzo Bonometto, originario proprio di Lorenzago, che in modo appassionato e rigoroso descrive non soltanto le specie di odonati e lo stato delle popolazioni al 2020, ma anche le caratteristiche delle zone umide cadorine tra criticità e opportunità di tutela naturalistica.

Libellule

Il Cridola

Dopo aver contemplato architetture, pascoli, boschi e laghetti, proseguite in direzione passo Mauria e troverete, a un paio di km dal paese, un timido cartello in legno recante la scritta “Sorgenti del Cridola”.

Cridola, Cadore

Raggiungerle comporta una piacevole passeggiata, con l’accompagnamento del rumore dell’acqua – fragoroso dopo le piogge – lungo la strada silvo-pastorale che percorre il fondo della valle. Oltre le sorgenti inizia invece il reame di sua maestà delle crode, il Cridola, il cui accesso è consentito solo a escursionisti esperti e alpinisti.

Un maestoso anfiteatro di calcari e dolomie, che emerge dalla rada vegetazione solcato da impervi ghiaioni e stretti nevai.

Nascosto, sulla Cuna, il nuovo Bivacco Vaccari. Io sono stregata da questa montagna, e la cerco sempre con lo sguardo. Se vi trovate sul Quaternà orientatevi a sud e ne riconoscerete immediatamente le inconfondibili forme.

Il Cridola da Col Audoi

Un punto di osservazione privilegiato sul gruppo montuoso è rappresentato dal Col Audoi, raggiungibile da Castello Mirabello in circa 90 minuti di cammino, senza particolari difficoltà tecniche, lungo la strada militare che serviva le postazioni di Mezzarazzo, Sass Croera e dello stesso Col Audoi durante la Prima guerra mondiale. Trincee, camminamenti, relitti di piattaforme d’artiglieria e una fontana che depurava l’acqua per le truppe sono segni ancor oggi tangibili di un pezzo tragico della nostra storia.

Il Passo Mauria

Siete infine giunti al Passo della Mauria, dove potete continuare a esplorare i dintorni, il forte del Miaron (propaggine orientale della cosiddetta Fortezza Cadore-Maè) o gli ameni pascoli di Stabie, raggiungere il rifugio Giaf oppure decidere di prolungare il vostro viaggio fino a Forni di Sopra, poco oltre le sorgenti del fiume Tagliamento, ad appena 10 km di distanza.

Non ancora, non prima di aver fatto un balzo indietro nella storia e nel ricordo, perché qui nei giorni terribili della disfatta di Caporetto, si scrissero insolite e fortuite vicende destinate ad avvicinare, dopo molti anni, il Cadore e la Gallura. Un invito alla visione:

Alla prossima. Vi racconterò il mio Vigo.

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