L’Orto Botanico di Padova costituisce sicuramente una meta imperdibile se volete visitare questa bella città.

Con i suoi cinquecento anni di storia, l’Orto Botanico di Padova è il più antico giardino universitario oggi esistente al mondo, ancora situato nella sua sede originaria: fu infatti fondato nel lontano 1545 su delibera del Senato della Serenissima, che accolse le richieste provenienti dal naturalista Francesco Bonafede, professore di “lectura simplicium” (l’odierna botanica) presso l’ateneo patavino.

L’Orto Botanico di Padova dal punto di vista naturalistico

Insieme ai colleghi della scuola medica, Bonafede sosteneva l’importanza dell’istituzione di un giardino botanico, dove fosse possibile osservare e studiare dal vivo le diverse specie di piante medicinali, catalogate nei volumi di Aristotele, Tefrasto, Alberto Magno di Laningen (1193-1280) e Pietro D’Abano (1253-1316), allora utilizzati in ambito accademico.

Fin dalla sua fondazione l’Orto Botanico conservò un numero davvero notevole di specie arboree: il suo primo “custode”, Luigi Squalerno detto Anguillara, ne registrò oltre 1800.

Nel 1786 il giardino fu visitato da Goethe, che proprio qui elaborò la sua teoria dell’evoluzione e la metamorfosi delle specie: per questo la più antica pianta presente nell’Orto, la palma di S. Pietro ivi messa a dimora nel 1585, è oggi conosciuta anche con il nome di “Palma di Goethe”.

L’Orto Botanico di Padova dal punto di vista storico-artistico

Tuttoggi l’Orto è meta ogni anno di turisti da tutto il mondo, attratti dalla rarità delle piante presenti e dall’eccezionalità del complesso architettonico, del cui progetto non si conosce però la paternità: i documenti attestano l’affidamento dei lavori all’architetto Andrea Moroni di origine bergamasca, allora impegnato nel cantiere del palazzo del Bo, ma non chiariscono se egli abbia elaborato originalmente l’insieme o si sia limitato all’esecuzione di un disegno altrui, ipotesi resa probabile dalla complessità di significati (astrologici, geografici e persino esoterici) insiti nella rappresentazione, che alcuni studiosi fanno risalire al celebre umanista Daniele Barbaro, protettore di Andrea Palladio.

Sul terreno trapezoidale, espropriato al monastero di Santa Giustina, si sviluppa una struttura circolare con quadrato inscritto, che due arterie viarie perpendicolari suddividono a sua volta in altri quattro quadrati sopraelevati di minori dimensioni (detti “spalti”), con chiara eco della geometria pitagorica reinterpretata in veste massonica.

Nonostante le modifiche settecentesche, con l’apertura in particolare di quattro monumentali portali d’ingresso cancellati e l’inserimento di fontane a decorazione mitologica, la struttura architettonica risulta ancora visibile nella sua raffinata eleganza rinascimentale.

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