Il Castel dell’Ovo è uno degli elementi che spiccano di più nel Golfo di Napoli

Situato sull’isoletta di Megaride (unito alla terraferma da un sottile istmo), su cui, secondo la leggenda, s’impigliò il corpo inerte della sirena Partenope, il Castel dell’Ovo (Castrum Ovi in latino) è uno dei più antichi della città di Napoli, ed è uno degli elementi che spicca di più nel panorama del famoso Golfo.

Il nome del Castel dell’Ovo deriva da un’antica leggenda secondo la quale il poeta latino Virgilio – che nel medioevo era considerato anche un mago – nascose nelle segrete dell’edificio un uovo che mantenesse in piedi l’intera fortezza. La sua rottura avrebbe provocato non solo il crollo del castello, ma anche una serie di rovinose catastrofi alla città di Napoli.

Per questo motivo, sempre secondo la leggenda, il luogo dove l’uovo era conservato fu chiuso da pesanti serrature e tenuto segreto. Addirittura, secondo le cronache dell’epoca, ai tempi della regina Giovanna I d’Angiò, il castello subì gravi danni causati dal crollo dell’arcone che unisce i due scogli sul quale esso è costruito; pare che la Regina si vide costretta a dichiarare solennemente di aver provveduto a sostituire l’uovo, in maniera da evitare che in città si diffondesse il panico dovuto alla paura di incorrere in nuove disgrazie.

Sull’isolotto di Megaride, dove sorge il Castello, sbarcarono i cumani nel VII secolo a.C. allo scopo di fondare il primo nucleo di Palepoli, la futura Napoli. Nel I secolo a.C. sotto i romani fu edificata la sontuosa villa di Lucio Licinio Lucullo (Castellum Lucullanum), dove Marco Tullio Cicerone e Catone il censore assolsero alla loro funzione di esecutori testamentari dell’amico prematuramente scomparso.

Successivamente, intorno alla metà del V secolo, venne fortificata da Valentiniano III. Nel Castello furono depositate le spoglie dell’ultimo Imperatore di Roma, Romolo Augusto, nel 476.

Nel medioevo alla villa ormai in decadenza vennero aggiunti piccoli conventi e centri religiosi (qui sbarcò e trovò rifugio S. Patrizia sfuggita alle voglie dello zio imperatore d’Oriente), ma l’intero complesso venne raso al suolo intorno al X secolo dagli stessi napoletani per evitare che la fortezza fosse usata dai Saraceni come base per l’invasione della città.

Il castello venne ricostruito dai Normanni nel XII secolo, ma in seguito all’edificazione di Castelnuovo (cioè del Maschio Angioino) fu usato sempre più raramente. Il re Carlo I d’Angiò spostò infatti a Castelnuovo la corte, limitandosi a trasferire al Castel dell’Ovo il Tribunale della Camera regia e l’Erario di Stato. Gli Aragonesi lo ristrutturarono, e da allora il castello assunse definitivamente la conformazione attuale.

Il castello rivestì anche il ruolo di prigione. Vi furono rinchiusi tra gli altri: Romolo Augustolo, ultimo imperatore d’Occidente; il figlio di re Manfredi di Svevia; la principessa d’Acaja; Tommaso Campanella; numerosi giacobini, carbonari e liberali fra cui Francesco De Sanctis.

Oggi è annesso allo storico rione di Santa Lucia ed è liberamente visitabile (specialmente dopo l’ultimo restauro per l’incontro del G7 avvenuto nel 1994). Nelle grandi sale si svolgono mostre, convegni e manifestazioni. Alla sua base sorge il porticciolo turistico del “Borgo Marinari”, animato da ristoranti e baretti, sede storica di alcuni tra i più prestigiosi circoli nautici napoletani.

Le cose più interessanti da vedere sono: la Torre Maestra, le celle dei monaci scavate nella roccia, la sala che, probabilmente, ospitò il refettorio dei cenobiti, dove si trovano cinque filari di colonne appartenenti alla villa di Lucullo; e ancora, la cosiddetta torre Normanna, i ruderi della chiesa del Salvatore. Il Borgo Marinaro oggi concilia le attività del porticciolo turistico con quelle di alcuni ristoranti famosissimi, fra cui “Zi’ Teresa” e “La Bersagliera”.

Exit mobile version